lunedì 30 aprile 2012

Quando il pane diventa musica!!




30 aprile 2012


Quando il pane diventa musica!!





Quella del “pane carasau” è una tradizione lunga e consolidata nel tempo, che trae origine nelle terre accidentate ed arse dal sole di una delle nostre isole maggiori. Nonostante il progresso che ha progressivamente invaso la Sardegna, una delle attività più importanti dell'isola resta la pastorizia. Per mezzo di essa i pastori, durante il periodo invernale, abbandonano le proprie case per seguire negli spostamenti il gregge verso verdi e saziabili pianure fino alla primavera. Il distacco è uno degli elementi essenziali dell'essere pastore, parte integrante di un’identità nomade. Essi portano solo le poche cose indispensabili per sopravvivere per quei cinque mesi o poco più. Con la fondamentale legge della sobrietà più austera, essi recano con sé l'unico cibo che si possa conservare per tanto tempo: il pane secco tipico dell'isola, il pane carasau, che nasce dunque dall'esigenza di fornire, durante i lunghi periodi fuori casa a seguire le pecore, la possibilità di avere una fondamentale fonte di sostentamento, che dura quasi tanto quanto durerà la lontananza. Per il legame così stretto che lega la pastorizia e la tipologia dell'alimentazione dei pastori sardi, la lavorazione del pane assume un valore tale da far risaltare ogni aspetto della cultura sarda. Fare il pane, nella comunità sarda, reca in sé tutti i rituali più antichi delle culture precedenti. La religiosità dei gesti non è palese solo ai grandi osservatori, ma a chiunque, grazie alle tipiche domande e risposte che le donne fanno tra di loro. La preparazione del pane è un vero e proprio rito per le donne sarde, che una volta al mese o anche ogni due mesi, si ritrovano in gruppi di 6/7 amiche (generalmente del vicinato) già dal giorno prima, per predisporre tutte le attrezzature, i recipienti, i panni, e la preparazione della legna, scelta sempre con cura: si preferisce la legna di quercia e il cisto, evitando invcece il corbezzolo perché il suo profumo altera il sapore del pane. La produzione inizia verso sera, poiché le fasi sono lunghe e faticose, e continua fino a notte inoltrata, sempre con il cortese aiuto delle donne del vicinato. Quando le piccole focaccine sono state qualche tempo a lievitare nelle corbule, si torna di nuovo a lavoro. Poi inizia la fase dell'impasto, rigorosamente fatto col lievito madre. Si usa la semola, e non la farina, e si sceglie quella di grano duro, molto più saporita. L'impasto viene fatto nel primo pomeriggio, in modo che la lievitazione inizi nel momento più caldo della giornata, e messo poi a riposare in grossi recipienti di terracotta coperti con dei panni che lo mantengano al caldo conservandone l'umidità. Alla sera tardi, prima di tornare a casa, si accende il forno con poca legna, per non raggiungere temperature troppo alte, e ci si dà appuntamento alle prime ore del mattino seguente. Dopo una colazione di caffè con i biscotti savoiardi, si riprende l'impasto e si formano delle palle che si mettono a lievitare. Così, al termine del lavoro, le prime sono già lievitate abbastanza per la spianatura e la cottura. Verso le 7 del mattino si procede con le spianature susseguenti, come in una catena di montaggio. Le porzioni vengono spianate a forma di un disco di 30 cm di diametro e con una pala di legno vengono infornate ad una ad una per due, massimo tre minuti.


Giusto il tempo che si gonfino come dei palloni, e a quel punto vengono sfornate e depositate su un tavolo di legno e separate velocemente con un coltellino in due parti. Dopo le prime due, c'è una piccola pausa: la prima sfoglia, sfornata e divisa, viene appoggiata accanto ad un piccolo altarino con fiori e lumini, e con una preghiera a cui partecipano tutte le donne in memoria delle anime dei propri cari. Quella sfoglia rimane lì sino all’infornata successiva. La seconda sfoglia invece viene sfornata e le singole parti rimesse in forno per "carasarle", cioè biscottarle, e divisa fra le donne per l'assaggio. Ogni otto o dieci sfoglie, una non viene separata. Questo tipo di pane si chiama "pane lentu", che rimane soffice per alcuni giorni e che ha un profumo e un sapore a dir poco unici. Una volta raffreddate, le sfoglie vengono riposte generalmente dentro ceste di vimini poco più larghe di esse, e ogni donna porta via la sua cesta ricolma di pane che durerà per tutto il mese (o a volte anche due mesi). Anche le bambine ripetono i gesti delle donne più grandi, elemento di insegnamenti spontanei che la tradizione del posto conserva e trasmette ai propri piccoli, poiché il pane, come già detto, è l'elemento che permette la sopravvivenza in tutti i paesi caratterizzati da una preminenza della pastorizia. "Nasce da quella coralità che è una caratteristica essenziale del mondo arcaico" uno dei cibi più antichi di tutta l'isola. Tutta questa lavorazione è ripetuta ad una certa distanza di tempo per evitare che la scorta termini.


Per i mariti è facile dividere le sfoglie in quarti e riporle nelle bisacce che portano in campagna o negli ovili. A seconda di cosa vogliono mangiare, consumano il pane in un modo differente; così, ad esempio, col formaggio o con la salsiccia si dice "a troccheddu", per il rumore che fa il pane quando masticato, oppure, per la ricotta, lo bagnano da un lato così che dopo un minuto sia abbastanza soffice da poterci spalmare la ricotta sopra: si dice allora "pane iffustu" (bagnato). Quando poi si fanno degli arrosti, come il maialino o l'agnello, si usa far colare il grasso di cottura direttamente sul pane carasau. Quando invece si usa per colazione, si sbriciolano dei frammenti dentro la tazza del caffellatte. Questa si chiama "fricchinazza", che significa "sbriciolatura". La merenda dei bambini invece si fa col pane carasau bagnato su un lato e sopra la panna del latte, un po' di zucchero e qualche goccia di caffè, oppure spalmato col burro e lo zucchero. Dal momento che il carasau mi ha ammaliato non potevo che, non farne qualcuna, ed in effetti l’ho fatta. Eccone due esempi, il primo un classico, il secondo la mia fantasia:


Questo è il pane carasau o anche detto “carta musica”















Pani frattau












Fogli di pane carasau


Un ottimo brodo


Una buona salsa di pomodoro


Uova (1°2 a testa)


Pecorino sardo


Spicchi di aglio o cipolla


basilico


Sale


Pepe


aceto




Fare una buona salsa di pomodoro soffriggendo in olio alcuni spicchi aglio o una cipolla , unire la passata di pomodoro e farlo cuocere per una decina di minuti,a poco dalla fine della cottura profumare con foglie di basilico. Fare anche un buon brodo di carne facendo soffriggere uno spicchio di aglio mezza cipolla una carota e un bouquet di sedano e prezzemolo in olio e far rosolare dei pezzi di carne mista tra manzo pollo e maiale con l'aggiunta di foglie di alloro e alcuni chiodi di garofano, quindi allungare con acqua e far cuocere a fuoco lento. Una volta cotto eliminare la carne e gli aromi e chiarificare il brodo attraverso un filtro o uno chinos e tenerlo al caldo. Grattugiare del pecorino sardo. Portare a bollore dell'acqua con dell'aceto e cuocervi le uova ( si possono far rapprendere anche in parte del brodo) . Una volta pronto tutto, preparare il piatto mettendo le sfoglie di pane carasau, dopo aver immerso le stesse nel brodo, in un piatto da portata singolo dove sul fondo va messa della salsa e una spolverata di pecorino e sovrapporvi alte sfoglie di pane carasau bagnate col brodo, quindi mettere ancora della salsa e del pecorino e un altro strato di pane carasau inzuppato; fare almeno 4 strati e sull'ultimo versare ancora salsa e spolverata di pecorino e l'uovo fatto rapprendere nell'acqua acidulata, una spolverata di pepe e via subito in tavola
















Pane carasau vacca e fave













Fogli di pane carasau


Brodo di cottura di asparagina( il liquido filtrato della cottura a vapore dell’asparagina selvatica)


Formaggio semi stagionato di vacca


Fave fresche al naturale






Sistemare un piatto da microonde o una placca da forno una prima sfoglia di pane carasau e inumidirlo ma non troppo con il brodo di cottura dell’asparagina, sistemarci sopra delle fette di formaggio di vacca e una manciata di fave a cui è stata eliminata la pellicina esterna. Ricoprire con un'altra sfoglia di pane inumidito e mettere in microonde per 1 minuto o in forno caldo per 5 minuti a 180°












Articolo e foto di Almerindo Santucci © LaCucina dello Stregone


http://lacucinadellostregone.blogspot.it/

1 commento:

VINO FOLLIA ha detto...

vacca e fava con il carrasau. mi emozionano..l'latro non saprei dirti perche' non mangio uovo.. sto vedendo il video della prova del cuoco .. Sei bravo Alme.
Elivale